L’architettura del paesaggio così concepita si sta facendo sempre più strada in paesi come gli Stati Uniti e la Cina, arrivando ad assumere un ruolo fondamentale nella cultura e nell’economia locale, mentre rappresenta un approccio scarsamente esplorato, e per questo in via di sviluppo, in Italia.
Una delle principali minacce globali alla conservazione della diversità biologica è l’alterazione, la perdita e la frammentazione degli habitat naturali causata dai profondi cambiamenti del territorio condotti ad opera dell’uomo. La riduzione della connettività ecologica derivante dall’incremento della frammentazione si traduce nella riduzione della resilienza e della capacità degli habitat di fornire determinati benefici ecosistemici, oltre a influenzare negativamente l’accesso alle risorse da parte della fauna, incrementandone l’isolamento e quindi la vulnerabilità.
Un ecosistema, sia esso urbano che naturale, ha bisogno di meccanismi che ne assicurino la sussistenza nello spazio e nel tempo: protezione da eventi climatici estremi, riciclo dei nutrienti, purificazione dell’aria e dell’acqua, sono solo alcuni meccanismi basilari. In territori fortemente antropizzati, questi processi vengono meno. La connettività, ovvero il grado con cui un paesaggio facilita il flusso di energia, materia, nutrienti, specie o persone, è una delle proprietà inesorabilmente compromesse in ambiente urbano. Un ambiente “non connesso” è un ambiente in cui quelle funzioni essenziali al suo sostentamento mancano, e così aria insalubre ed acqua inquinata, prendono prepotentemente la scena. Gli effetti negativi della frammentazione si riflettono indirettamente anche sulle attività umane e sulla qualità della vita.
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